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Il tempio, costruito ai piedi di una piccola montagna a Lopburi, 150 chilometri a nord di Bangkok, ospita 550 pazienti, tra cui 140 bambini. Il suo fondatore è Alongkot Dikkapanyo, un monaco buddista di 58 anni, che ha lasciato una carriera promettente in ingegneria al Ministero dell’Agricoltura all’età di 26 anni per diventare un monaco. L’idea di trasformare un tempio in un ospizio per l’AIDS è iniziata 1990, quando due giovani sieropositivi arrivarono a Wat Phra Baht Nam Phu, che significa in tailandese “il tempio delle orme di Buddha”. Alcune famiglie hanno lasciato pazienti al tempio e non li hanno mai più visti. Ma molti pazienti sono venuti da soli, anche con i loro figli, dicendo che non avevano altri posti dove andare. La maggior parte degli uomini ha contratto l’HIV con le prostitute, mentre molte donne sono state infettate dai loro fidanzati e dai loro mariti. Circa 10-15 pazienti muoiono ogni mese, e il tempio, che ha il suo inceneritore, e ha cremato più di 10.000 corpi dal 1992. Anche dopo la morte, la maggior parte delle famiglie non viene a raccogliere le ceneri. Alongkot ha messo migliaia di sacchetti di cotone bianco contenenti ossa e ceneri di pazienti affetti da AIDS intorno a una statua marrone del Buddha. Il tempio non ha ancora dottori e riceve “molto poco” denaro dal Governo Tailandese, vierne sostenuto quasi interamente dai fondi della famiglia Reale Tailandese e dalle donazioni private. (testo a cura di Luca Catalano Gonzaga).