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Tra le emergenze che l’Afghanistan vive nel tentativo di creare uno Stato non solo unitario, ma anche solidale e di diritto, c’è la condizione delle sue donne e dei suoi figli. Una condizione generalmente sfavorevole, che si intreccia nell’ambito lavorativo con ampie aree di sfruttamento. Un nuovo rapporto sul lavoro coatto nelle fabbriche di mattoni in Afghanistan diffuso dall‘Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO) ha messo in luce la drammatica realtà dei minori, che di questa manovalanza costituiscono la maggioranza: ben il 56 per cento dei lavoratori. In Afghanistan gran parte delle famiglie che lavorano nelle fornaci hanno conosciuto la servitù per debiti. Intere famiglie con competenze limitate e senza accesso al credito, trovano lavoro solo nelle fornaci, dove viene loro garantito un anticipo sul salario nonché l’alloggio e l’acqua come pagamento in natura. In media le famiglie sono composte da 8,8 persone, e l’83 per cento dei capifamiglia non ha ricevuto nessuna istruzione. In questi luoghi, bambini e adulti lavorano ininterrottamente per oltre 70 ore a settimana. I lavoratori sono esposti al sole, al calore e alla polvere. La composizione della manodopera delle fornaci afghane è molto diversa rispetto agli altri paesi della regione. In Nepal, India, Bangladesh e Pakistan, la forza lavoro comprende uomini, donne e minori dei due sessi. In Afghanistan, anche se le famiglie si trovano in condizioni di estrema povertà, donne e ragazze lavorano fuori casa solo in caso di effettiva necessità. L’esclusione delle donne dalla forza lavoro in Afghanistan si traduce in un maggior ricorso al lavoro dei bambini, in quanto solo un genitore è economicamente attivo. “Brick by brick” è un fotoreportage di Luca Catalano Gonzaga finanziato dalla Fondazione Nando ed Elsa Peretti. (text by Luca Catalano Gonzaga).