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Sono circa 900 tra ragazzi e ragazze, principalmente tossicodipendenti, ma anche alcolisti e ludopisti, che arrivano a San Patrignano, denominato “Sanpa”, con la speranza di ritornare a vivere. Oggi Sanpa è considerata la più grande comunità di recupero d’Europa, una delle più importanti al mondo. Un percorso di recupero per centinaia di ragazzi perduti, riempiendolo non solo di affetto ma anche di regole ferree, di studio e di lavoro. Nasce da un’intuizione di Vincenzo Muccioli, un pioniere della cura delle tossicodipendenze. Quando viene fondata sulla collina di Coriano, a Rimini, nel 1978, infatti il fenomeno dell’eroina è appena esploso e poco si sa dei suoi effetti, della disintossicazione e delle sue implicazioni. Muccioli realizzò dei laboratori, che oggi sono eccellenze, nei quali i giovani trovano la prima ragione di vita, sentendosi indispensabili, diventando artigiani e professionisti competitivi nella delicata fase del reinserimento sociale. Attualmente la permanenza in comunità è di circa tre/quattro anni. Il 60 per cento di quelli usciti a fine percorso, non ricade nella droga. L’assistenza e il recupero sono gratuiti: non si paga per entrare né contribuisce lo stato. La comunità vive di donazioni e, dagli anni 80, in parte anche di attività economiche come la produzione di vini e altri prodotti sia alimentari che artigianali. La dipendenza non viene curata usando trattamenti farmacologici (niente metadone o altri oppiacei sintetici), ma con un programma di recupero che è essenzialmente educativo e riabilitativo. Le regole e la disciplina sono severi. Vietati cellulari e computer per uso personale. Vietato uscire dalla comunità. Vietati i contatti tra maschi e femmine. Vietato bere vino. Da pochi mesi, vengono razionate 5 sigarette al giorno per i fumatori. Con i propri familiari si può parlare solo per via epistolare e le visite sono previste solo dopo 1 anno. La musica è limitata solo 1h la sera, prima del telegiornale e di un film proiettati in una megaschermo all’interno di un grande capannone. Dopo ogni tranche di percorso c’è la cosiddetta verifica. La più importante è quella che, dopo tre anni, permette di tornare a casa per una settimana. A Sanpa si lavora 8 ore al giorno. Ai ragazzi viene insegnato un mestiere che una volta usciti gli servirà ad affrontare il mondo là fuori. Ad ogni nuovo ospite viene assegnato come tutor un ragazzo che è in comunità da almeno un anno e che lo segue 24 ore su 24. La ratio è molto semplice: la persona che ha vinto la dipendenza dalle droghe è il miglior educatore per chi la subisce. “Prendersi in carico una persona più indietro nel percorso che tu capisci, perché ragiona come facevi tu un anno prima, è la chiave vincente per ricostruire se stessi”, afferma Massimo in forza nel settore delle decorazioni. (testo di Luca Catalano Gonzaga).