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La Mongolia, pur abituata da sempre a condizioni estreme, è nella morsa di un cambiamento climatico devastante. Piove sempre meno, i fiumi si stanno prosciugando, si registrano negli ultimi anni inverni freddissimi seguiti da lunghi periodi di siccità. Il fenomeno della desertificazione dovuto all’aumento delle temperature, ha accentuato notevolmente la progressiva espansione del deserto del Gobi. Gran parte delle mandrie, unico bene della popolazione nomade, non ha più possibilità di nutrirsi per mancanza di terreni erbosi, ciò ha provocato la morte di milioni di animali d’allevamento. Senza animali, i pastori mongoli non possono mangiare, vestirsi, riscaldarsi, costruire o spostarsi. Chi ha perso il proprio bestiame, non ha perduto solo il reddito ed il lavoro, ma la possibilità stessa di sopravvivenza della famiglia. Migliaia di pastori mongoli sono quindi costretti a trasferirsi nella capitale Ulan-Bator. La periferia si è trasformata in una tendopoli di disperati, in fuga dai deserti e dalle steppe, accampati in condizioni igieniche precarie, senza possibilità di acqua potabile o servizi igienici. (testo a cura di Luca Catalano Gonzaga).